Gabriele D'Annunzio

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venus*
view post Posted on 24/11/2011, 13:54




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I PASTORI

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.
Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d'acqua natía
rimanga ne' cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh'esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l'aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

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UN RICORDO

Io non sapea qual fosse il mio malore
né dove andassi. Era uno strano giorno.
Oh, il giorno tanto pallido era in torno,
pallido tanto che facea stupore.

Non mi sovviene che di uno stupore
immenso che quella pianura in torno
mi facea, cosí pallida in quel giorno,
e muta, e ignota come il mio malore.

Non mi sovviene che d'un infinito
silenzio, dove un palpitare solo,
debole, oh tanto debole, si udiva.

Poi, veramente, nulla piú si udiva.
D'altro non mi sovviene. Eravi un solo
essere, un solo; e il resto era infinito.


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RIMANI

Rimani! Riposati accanto a me.
Non te ne andare.

Io ti veglierò. Io ti proteggerò.

Ti pentirai di tutto fuorchè d'essere venuto a me, liberamente, fieramente.
Ti amo. Non ho nessun pensiero che non sia tuo;

non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.

Lo sai. Non vedo nella mia vita altro compagno, non vedo altra gioia

Rimani.
Riposati. Non temere di nulla.

Dormi stanotte sul mio cuore....


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L'ALA SUL MARE

Ardi, un'ala sul mare è solitaria.
Ondeggia come pallido rottame.
E le sue penne, senza più legame,
sparse tremano ad ogni soffio d'aria.

Ardi, veggo la cera! E' l'ala icaria,
quella che il fabro della vacca infame
foggiò quando fu servo nel reame
del re gnòssio per l'opera nefaria.

Chi la raccoglierà? Chi con più forte
lega saprà rigiugnere le penne
sparse per ritentare il folle volo?

Oh del figlio di Dedalo alta sorte!
Lungi dal medio limite si tenne
il prode, e ruinò nei gorghi solo.

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CANTA LA GIOIA

Canta la gioia! Io voglio cingerti
di tutti i fiori perché tu celebri
la gioia la gioia la gioia,
questa magnifica donatrice!

Canta l'immensa gioia di vivere,
d'esser forte, d'essere giovine,
di mordere i frutti terrestri
con saldi e bianchi denti voraci,

di por le mani audaci e cupide
su ogni dolce cosa tangibile,
di tendere l'arco su ogni
preda novella che il desìo miri,

e di ascoltare tutte le musiche,
e di guardare con occhi fiammei
il volto divino del mondo
come l'amante guarda l'amata,

e di adorare ogni fuggevole
forma, ogni segno vago, ogni immagine
vanente, ogni grazia caduca,
ogni apparenza ne l'ora breve.
Canta la gioia! Lungi da l'anima
nostro il dolore, veste cinerea.


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LA SABBIA DEL TEMPO

Come scorrea la calda sabbia lieve
per entro il cavo della mano in ozio
in cor sentì che il giorno era più breve.

E un’ansia repentina il cor m’assale
per l’appressar dell’umido equinozio
che offusca l’oro delle piagge salse.

Alla sabbia del Tempo urna la mano
era, clessidra il cor mio palpitante,
l’ombra crescente di ogni stelo vano
quasi ombra d’ago in tacito quadrante.

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TRISTEZZA

Tristezza, tu discendi oggi dal Sole.
La tua specie mutevole è la nube
del cielo, e son le spume
del mare gli orli del tuo lino lungo.

Sembri Ermione, sola come lei
che pel silenzio vienti incontro sola
traendo in guisa d'ala il bianco lembo.
Sì le somigli, ch'io m'ingannerei
se non vedessi ciocca di viola
su la sua gota umida ancor del nembo.
Ha tante rose in grembo
che la spina dell'ultima le punge
il mento e glie l'ingemma d'un granato.
Come fauno barbato
accosto accosto mòrdica le rose
il capricorno sordido e bisulco.

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IN SUL VESPERO

In sul vespero, scendo alla radura.
Prendo col laccio la puledra brada
che ancor tra i denti ha schiuma di pastura.

Tanaglio il dorso nudo, alle difese;
e per le ascelle afferro la naiàda,
la sollevo, la pianto sul garrese.

Schizzan di sotto all'ugne nel galoppo
gli aghi i rami le pigne le cortecce.
Di là dai fossi, ecco il triforme groppo
su per le vampe delle fulve secce!

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O FALCE DI LUNA CALANTE

O falce di luna calante
che brilli su l’acque deserte,
o falce d’argento, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!

Aneliti brevi di foglie,
sospiri di fiori dal bosco
esalano al mare: non canto non grido
non suono pe ’l vasto silenzio va.

Oppresso d’amor, di piacere,
il popol de’ vivi s’addorme...
O falce calante, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!

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L'ULIVO

Laudato sia l'ulivo nel mattino!
Una ghirlanda semplice, una bianca
tunica, una preghiera armoniosa
a noi son festa.

Chiaro leggero è l'arbore nell'aria
E perché l'imo cor la sua bellezza
ci tocchi, tu non sai, noi non sappiamo,
non sa l'ulivo.

Esili foglie, magri rami, cavo
tronco, distorte barbe, piccol frutto,
ecco, e un nume ineffabile risplende
nel suo pallore!

O sorella, comandano gli Ellèni
quando piantar vuolsi l'ulivo, o côrre,
che 'l facciano i fanciulli della terra
vergini e mondi,

imperocché la castitate sia
prelata di quell'arbore palladio
e assai gli noccia mano impura e tristo
alito il perda.

Tu nel tuo sonno hai valicato l'acque
lustrali, inceduto hai su l'asfodelo
senza piegarlo; e degna al casto ulivo
ora t'appressi.

Biancovestita come la Vittoria,
alto raccolta intorno al capo il crine,
premendo con piede àlacre la gleba,
a lui t'appressi.

L'aura move la tunica fluente
che numerosa ferve, come schiume
su la marina cui l'ulivo arride
senza vederla.

Nuda le braccia come la Vittoria,
sul flessibile sandalo ti levi
a giugnere il men folto ramoscello
per la ghirlanda.

Tenue serto a noi, di poca fronda,
è bastevole: tal che d'alcun peso
non gravi i bei pensieri mattutini
e d'alcuna ombra.

O dolce Luce, gioventù dell'aria,
giustizia incorruttibile, divina
nudità delle cose, o Animatrice,
in noi discendi!

Tocca l'anima nostra come tocchi
il casto ulivo in tutte le sue foglie;
e non sia parte in lei che tu non veda,
Onniveggente!

minidiv3

 
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